Maiuscole e minuscole
- Rossana

- 24 juil.
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L'italiano, come molti altri alfabeti, ha due serie di lettere: minuscole (la norma) e maiuscole (usate per "marcatura").
Maiuscole e minuscole
Sebbene non sia strettamente necessario avere due serie (come dimostrano il greco, il latino originario e il russo), la loro alternanza e le differenze di dimensione e tracciato rendono la lettura più gradevole e agevole.

L'uso delle maiuscole è influenzato dalle epoche, dalle mode e dai gusti personali, ma in alcuni casi è rigido e costante:
dopo il punto: si usa sempre la maiuscola all'inizio di un enunciato dopo il punto fermo, il punto interrogativo e il punto esclamativo, e all'inizio del discorso diretto.
nomi propri: sempre maiuscola per nomi di persone, animali, luoghi geografici, divinità (inclusi "Dio" come divinità unica).
Per i nomi etnici (abitanti di un luogo), si preferisce la maiuscola quando si indica l'intera collettività (es. gli Europei), ma sempre la minuscola per un singolo individuo o come aggettivo.
nomi comuni: l'uso della maiuscola con i nomi comuni dovrebbe essere eccezionale, ma è spesso oscillante.
cortesia: nella corrispondenza (es. Gentile Signora, Egregio Dottore) e per il pronome allocutivo di cortesia (Lei, Sua).
funzione distintiva: per istituzioni (Stato, Chiesa) quando si caratterizzano come tali, distinguendosi dai loro significati comuni. Anche per secoli, periodi ed eventi storici (l'Ottocento, la Riforma, la Guerra mondiale).
personificazioni: quando concetti astratti come Giustizia, Libertà, Idea, Repubblica assumono valore di personificazione.
titoli: obbligatoria per titoli di libri, testate di quotidiani/riviste, opere d'arte. Se un titolo ha più parole, la maiuscola va di norma solo sulla prima, anche se per giornali e riviste si trovano altre soluzioni.
uffici, istituti, associazioni, ditte: l'uso si estende anche a nomi di enti assimilati a nomi propri di luogo (il Municipio, il Ministero degli esteri). Anche qui, per gruppi di parole, si preferirebbe la maiuscola solo nella prima, ma si trovano spesso altre capitalizzazioni.
La punteggiatura
La punteggiatura è lo strumento scritto che riproduce pause e intonazioni del parlato, facilitando la comprensione del testo. Si basa su due principi fondamentali:
Struttura logico-sintattica: riflette ciò che si vuole dire e come lo si vuole dire.
Valore espressivo: può indicare pause o intonazioni enfatiche indipendenti dalla sintassi.
Il testo poi descrive i vari segni di interpunzione:
punto fermo (.): il segno più forte, indica la fine di un enunciato affermativo o negativo
virgola (,): il segno meno forte e più frequente. Si usa per separare termini all'interno di una proposizione, proposizioni coordinate, e talora tra principale e secondaria. Due virgole possono delimitare un inciso
punto e virgola (;): intermedio tra punto fermo e virgola. Chiude un periodo breve legato al successivo o, più raramente, un sintagma
due punti (:): segno intermedio con funzioni specifiche: preannunciano uno sviluppo (spiegazione, chiarimento, elenco) o introducono il discorso diretto
punti interrogativo (?) ed esclamativo (!): Chiudono rispettivamente una domanda o un'asserzione enfatica/comando, indicando particolari intonazioni
Trattino (-): Si pone tra due aggettivi o sostantivi strettamente uniti (es. franco-prussiana). Va usato quando è indispensabile; in altri casi si può omettere o sostituire con la congiunzione.
Lineetta (–): Delimita un inciso più ampio rispetto alla virgola, o introduce/inserisce il discorso diretto.
Virgolette (« » o “ ”): Le virgolette basse sono il mezzo più comune per il discorso diretto. Le virgolette alte (o basse) mettono in risalto parole o espressioni nuove, poco comuni, straniere, ecc. Un altro mezzo per lo stesso scopo è il corsivo.
Parentesi tonde (): Delimitano un inciso con maggiore evidenza rispetto a virgole o lineette, potendo racchiudere anche intere proposizioni.
Puntini di sospensione (...): Tre puntini indicano un'espressione incompiuta. Nelle citazioni, se una parte è omessa, si usano tra parentesi quadre ([...]).
L'intonazione
L'intonazione è un elemento linguistico che riguarda l'enunciato nel suo insieme, modulando l'altezza della voce per creare un "disegno prosodico" della frase. È ciò che distingue, ad esempio, un'affermazione da una domanda, anche se le parole sono identiche.
Esistono due tipi fondamentali di intonazione:
assertiva: (affermazioni e negazioni) con andamento discendente
interrogativa: con andamento ascendente
La frase imperativa ha un'intonazione simile all'assertiva, con una caduta più brusca finale. L'intonazione sospensiva è intermedia.
L'intonazione è presente in tutte le lingue e dialetti, con tratti fondamentali comuni, ma con infinite varietà nei particolari.
In italiano, il gioco delle intonazioni varia sensibilmente nei diversi dialetti e pronunce regionali, costituendo un elemento chiave per distinguere gli "accenti regionali".


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